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Il potere trasformativo dei videogiochi: la psicologia del gaming

Autore:Elena Del Fante
Luglio 4, 2024

Immaginiamo di poter essere eroi o eroine, di avere la possibilità di riavvolgere il tempo o di poter provare più volte un’azione per vederne gli effetti, correggerla e migliorare ogni giorno sempre di più. Quando il bambino gioca, entra in un mondo possibile attraverso la simulazione di un “come se”.

Nel gioco l’essere umano si scopre esploratore, curioso e aperto alle esperienze. Proprio per questo, come Piaget, Winnicott, Klein e altri psicologi e filosofi hanno evidenziato, nel gioco il bambino impara a riconoscere il sé e l’Altro, a mettersi nei panni dell’altro, sviluppando abilità metacognitive e di mentalizzazione, riconoscendo che ad ogni azione corrisponde almeno una reazione.

Risulta noto infatti, in letteratura scientifica, che il gioco è un momento cruciale, dunque fondamentale per lo sviluppo sano del bambino, dal punto di vista cognitivo, emotivo e relazionale (Bocci, 2019; Piaget, 1962 & Vygotsky, 1967).

Nonostante alcune continue resistenze relative ai videogiochi, la letteratura scientifica ha reso ben noti gli effetti positivi di tale medium, passando così dallo smentire le associazioni relative agli effetti negativi a lungo termine (Ferguson, 2007; Soraci, Del Fante et al., 2019) alle applicazioni per il benessere psicologico e cognitivo (Brilliant et al., 2019; Choi et al., 2020, Del Fante, 2023).

Il gioco, come attività e fase di sviluppo essenziale per l’essere umano, viene considerato ormai un assioma esistenziale, ma ci ritroviamo a doverlo spesso ridiscutere quando si parla della sua versione digitale, il video-gioco.


Una palestra mentale con il gaming

Giocare non è solo un gioco, infatti giocare è principalmente un’attività mentale (Del Fante, 2023).

L’atto di giocare ai videogiochi va ben oltre la risposta meccanica agli stimoli visivi presentati sullo schermo. È un coinvolgimento complesso di funzioni cognitive che richiede operazioni mentali articolate, c’è altro rispetto alla coordinazione oculo-manuale (Greefield, 1984). Affrontare le sfide proposte dai videogiochi richiede abilità attentive differenti come: mantenere il focus nel tempo, alternarlo costantemente tra i vari stimoli presenti sullo schermo per poi, conseguentemente, operare su di essi.

Nonostante le comuni, quanto errate, affermazioni circa la non presunta attenzione dei più giovani a causa dei nuovi dispositivi, fra cui i videogiochi, questi ultimi sembrano proprio configurarsi come ottimi strumenti per favorire un miglioramento dell’attenzione, tanto da erigersi come strumenti in caso di persone DSA e ADHD. (Franceschini et al., 2013).

I gamer sanno benissimo quanto le sfide siano costantemente presenti in ogni titolo videoludico: come sconfiggere Malenia in Elden Ring sino a gestire le vele in Sea of Thieves durante un raid.
Le varie sfide, o obiettivi da sbloccare, o quest da effettuare, richiedono l’utilizzo di differenti abilità cognitive, molte di ordine superiore (i.e., Funzioni esecutive), richiedendo l’abilità di saper bene identificare e definire i vari problemi, la capacità di pensare, proporre e successivamente valutare tutte le eventuali strategie di risoluzione del problema. Infine, di saper decidere il piano d’azione più efficace nel minor tempo possibile, rimanendo precisi in termini di accuratezza e flessibilità in caso di imprevisti.

Così, i videogiochi diventano oggi una palestra ottimale per sperimentare diversi benefici cognitivi e psicologici, in grado di tenere alta la motivazione da un punto di vista intrinseco, consentendo di fare esperienza di quello stato di equilibrio tra le sfide e le competenze, definibile anche come stato di “apprendimento ottimale”, ovvero il Flow (Csíkszentmihályi, 2014; Ryan & Deci, 2000).

La letteratura scientifica ha evidenziato, infatti, prestazioni significativamente migliori in termini di attenzione, decision-making, problem solving, flessibilità cognitiva, cognizione spaziale, metacognitiva, empatica e apprendimento implicito grazie all’utilizzo regolare di videogiochi (Adachi & Willoughby, 2013; Colzato et al., 2010; Del Fante et al. 2021; Del Fante et al., 2024; Brilliant et al., 2019; Choi et al., 2020, Sacco et al., 2022).

Sulla base di tali evidenze scientifiche, prendono sempre più piede diverse tipologie di intervento nell’ambito della salute psicofisica.

Come già citato in precedenza, il videogioco diviene una palestra di riabilitazione cognitiva di differenti funzioni cognitive, come l’attenzione (Franceschini et al., 2013) per persone con DSA o ADHD, la memoria episodica e la cognizione spaziale, cruciale per garantire una buona qualità di vita in pazienti con un quadro cognitivo definito MCI – Mild cognitive impairment o Morbo di Alzheimer (Del Fante et al. 2021; Sacco et al., 2022).

In linea con tali studi nell’ambito delle neuroscienze cognitive ritengo importante, se non necessario, definire l’ambito de “La Psicologia del Gaming” come un differente approccio rispetto agli studi nell’ambito de “La Psicologia dei videogiochi”.

Il focus, sia in termini di ricerca che di applicazione, è da porre sulle modalità con cui l’utente entra in relazione con il medium. Ciò consentirebbe anche di fornire un’ulteriore spiegazione sull’assenza di correlazioni sugli atteggiamenti e comportamenti violenti e aggressivi, oltre a fornire valide alternative a supporto di un corretto e consapevole uso del digitale.

Spostare il focus sul “come”, piuttosto che il “cosa”, consentirebbe di scoprire quanto la capacità di elicitare gli aspetti motivazionali – l’elemento “segreto” del gaming – risulti essere la colonna portante per poter creare qualsiasi protocollo o intervento per il benessere, sia mentale che fisico.

In linea con questa visione, prende forma La Video Game Therapy ©, un approccio psicologico integrato fondato nel 2019 dal collega Psicologo Psicoterapeuta Francesco Bocci, facendo così entrare il videogioco commerciale all’interno di un contesto di cura mentale per diversi quadri clinici.

Sulla stessa lunghezza d’onda del “fare”, “sentire” o “essere”, nasce nel 2023 l’associazione Play Better, fondata dalla sottoscritta (Elena Del Fante) insieme a Francesco Bocci, Ambra Ferrari, Federico Loda & Giuseppe Virgilio. L’associazione, ad oggi abbracciata da 17 soci e socie, nasce con lo scopo di configurarsi come ecosistema digitale per lo sviluppo e attuazione di interventi che vedono l’utilizzo del gaming – e più in generale, del digitale – per il benessere, fra cui la media education, sino a protocolli di potenziamento cognitivo e skill training, sia in azienda che per società sportive.

In conclusione, il gioco – così come il videogioco – risulta non solo uno strumento, ma più precisamente un momento importante da coltivare per il benessere psicofisiologico, sia i più giovani che per l’essere umano in generale.


BIBLIOGRAFIA

Adachi, P. J. C., & Willoughby, T. (2013). More than just fun and games: the longitudinal relationships between strategic video games, self-reported problem-solving skills, and academic grades. Journal of Youth and Adolescence, 42(7), 1041–1052.

Bocci, F., (2019). Dentro il videogioco. Viaggio nella psicologia dei videogiochi e nei suoi ambiti applicativi, Torino, ANANKE lab sc, pp 115-135.

Brilliant T, D., Nouchi, R., & Kawashima, R. (2019). Does Video Gaming Have Impacts on the Brain: Evidence from a Systematic Review. Brain sciences, 9(10), 251.

Choi, E., Shin, SH., Ryu, JK. et al. (2020) Commercial video games and cognitive functions: video game genres and modulating factors of cognitive enhancement. Behav Brain Funct 16, 2 

Csikszentmihalyi, M. (2014). Play and intrinsic rewards. In Flow and the Foundations of Positive Psychology. Springer, pp 135-153.

Greenfield, P., (1984) Mind and Media. The Effects of Television, Vide Games, and Computers. Psychology Pess Classic Editions.

Ferguson, C. J. (2007). Evidence for publication bias in video game violence effects literature: A meta-analytic review. Aggression and violent behavior.

Franceschini, S., Gori, S., Ruffino, M., Viola, S., Molteni, M., & Facoetti, A. (2013). Action video games make dyslexic children read better. Current Biology, 23(6), 462–466.

Del Fante, E., Piovesan, F Sarasso, P., Barbieri, P., Villa, M.C., Sacco, K., Ronga, I. (2024) Virtual social interaction in a multiplayer videogame increases implicit learning. Cyberpsychology, Behavior, and Social Networking (underpress)

Del Fante, E. (2023). Aspetti psicologici legati ai titoli videoludici. In J. Ierussi, D. Filosa, & S. Franchi (Eds.), The game. Aspetti giuridici e socioeconomici dell’industria videoludica. La Tribuna

Del Fante, E., Vadda, D., Ghiggia, A., Ronga, I, Sacco, K, Geminiani, CG. (2021). Let’s Play MindTheCity!: a virtual navigation 3D-videogame for enhancing spatial memory. XXIX Congresso Nazionale SIPF – Psicofisiologia e Neuroscienze Cognitive, Palermo, Italy.

Piaget, J. (1951) Play, Dreams and Imitation in Childhood. New York Norton.

Ryan, R. M., & Deci, E. L. (2000). Intrinsic and Extrinsic Motivations: Classic Definitions and New Directions. Contemporary Educational Psychology, 25(1), 54–67.

Soraci, P., Del Fante, E., Muscogiuri, G., Patanè, G., Abbiati, F.A., Palma, M. Ferrari, A. (2019). Ricerca preliminare quantitativa sulla relazione tra videogame, violenza ed aggressività. State of Mind. ID Articolo: 17397

Vygotsky. L.S. (1967). Play and its role in the mental development of the child. Soviet Psychology. 12, 6-18